Una professoressa da Nobel Ecco l’unica italiana candidata come migliore docente del mondo

“Non esistono persone negate con i numeri, la matematica aiuta a pensare, a vivere a conoscere la realtà”. La storia di Lorella Carimalli, dalle case di ringhiera col bagno in comune alla scelta di rifiutare stipendi d’oro nel privato per fare l’insegnante nei licei. Un milione di dollari al vincitore del premio della Varkey foundation
di CATERINA PASOLINI

“Il futuro lo si costruisce assieme, non da soli”. Chi si immagina la matematica come una materia arida, fredda, non è mai andato alle sue lezioni. Lorella Carimali, 55 anni, docente al liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano, è passione e creatività, pragmatismo e solidarietà declinate da trent’anni nelle aule lombarde.

L’anno scorso è stata eletta tra i dieci migliori professori italiani. Oggi è finalista al Nobel dell’insegnamento, il Global teacher prize, dove ora 50 docenti scelti tra più di 40mila candidati di 173 paesi, si contendono il premio che verrà consegnato a marzo a Dubai dalla Varkey Foundation. In palio un milione di dollari da spendere in progetti scolastici.

Stupita?
“Incredula e felice. Mi sento il simbolo di un riscatto sociale, avvenuto attraverso la matematica che è un modo di allenare il pensiero astratto, di conoscere, capire il mondo”.

Riscatto sociale con la matematica?
“I miei genitori avevano la quinta elementare e non potevano certo aiutarmi a studiare. Per loro la mai laurea è stato un riscatto. Vivevamo in un quartiere popolare, case di ringhiera al quartiere Stadera, il bagno stava sul ballatoio e lo dividevamo con altre famiglie. Ci si conosceva tutti. Ecco, ho capito li che non si vince da soli, che il futuro lo si costruisce assieme. Perché quando dividi qualcosa di cosi intimo come il bagno con qualcuno, l’estraneo non è più una persona di cui aver paura ma un amico, una risorsa. Ed è questo il mio atteggiamento verso il mondo”

Il suo motto è?
“Non uno, non una di meno, nessuno escluso. Dalla matematica, dalla vita. Io mi sento come un allenatore che pianifica la preparazione in vista di una maratona, studia i luoghi, le attività migliori per raggiungere il risultato. Posso usare il teatro o l’alternanza scuola lavoro, si collabora con altri docenti per raggiungere il risultato”.

Quale è il suo metodo di studio?
“Io spiego, poi faccio esercitare subito i ragazzi. Lavorano a gruppi perchè si aiutino a vicenda, si correggano i compiti l’uno con l’altro. Se capiscono l’argomento sale la loro autostima ed è questo l’importante. Non devono ripetermi la lezione, solo i concetti astratti, ma imparare ad applicarli nella vita non è solo questione di insegnamentro, ma di apprendimento. Si cambia la prospettiva”.

Esistono negati per la matematica?
“No, è questione di allenamento e di metodo, come per la maratona. Anche delle donne si diceva che non capivano la matematica, le materie scientifiche solo perché non gliele facevano studiare e ancora oggi resistono i luoghi comuni. Luoghi comuni da evitare, bisogna mantenere alto il livello di insegnamento anche in posti considerati svantaggiati. La dimostrazione? Una classe di un istituto meccanico ad un concorso ha battuto licei classici e scientifici sulla teoria di Fibonacci, nessuno se lo aspettava”.

Problemi degli studenti italiani?
“In passato siamo andati male al test Invalsi eppure si trattava di applicare semplicemente il teorema di Pitagora. Il problema era costruito su un percorso stradale, su una mappa, e cambiando il contesto gli studenti, abituati a domande poste sempre nello stesso modo, sono andati in tilt. Applicare le teorie, i teoremi alla realtà, questo bisognerebber fare”.

Qual è il suo segreto?
“Nessuno, solo la passione civile e per la mia materia, oltre alla comprensione per gli alunni. Io non sono mai stata un drago della matematica, ma una che studiava molto per questo mi immedesimo nei loro problemi, nelle loro difficoltà”

Usa il teatro per insegnare i teoremi?
Per aiutare gli studenti in crisi abbiamo messo in piedi un progetto multidisciplinare con alunni di classi diverse e con carenze di gravità differente. Abbiamo scritto un testo teatrale sulla matematica. Ha funzionato, alla fine sono stati tutti promossi: in fondo il teatro è progettare, pensare in astratto, mettere in relazione. Parole come numeri e concetti per capire e costruire”.

Lei premia chi aiuta?
“Sì. Penso che bisogna partecipare alla vita degli altri, condividere il sapere. Così se un ragazzo che va male viene aiutato da un compagno bravo e migliora il suo rendimento, tutti e due avranno un voto più alto. Si aiuta cosi anche il più bravo che spesso va per intuizione e invece in questo modo si chiarisce il concetto per comunicsrlo”.

La volevano grandi aziende…
“Appena laureata ho ricevuto in una settimana 14 offerte da grandi imprese, e ben pagata visto che erano i primi anni dell’informatica. Ma ho fatto una scelta sociale, stare in classe, è questo il mio modo di far politica. I giovani sono la cosa più importante per costruire il futuro del paese, anche se ammetto che vivere a Milano con 1500 euro al mese si fatica”.

Fatica ricompensata?
“Assolutamente sì. E’ impagabile ritrovarsi alunni che ti scrivono: grazie per avermi fatto vedere nuove terre, avermi insegnato a vivere. Sono frasi che ti aspetteresti

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